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Addio Pablito Rossi, ci mancherai!

Chi è stato e cosa ha rappresentato l’eroe dell’Italia Campione del mondo del 1982

Un saluto a un campione immortale

Se ne è andato in punta di piedi, senza disturbare, senza fare rumore, quel rumore che faceva ogni volta che segnava un goal, due goal, tre goal. Addio Pablito Rossi, addio rapace d’area, addio guizzanteattaccante immarcabilecapace di violare la porta per ben 6 volte a Spagna ’82. Già, Spagna 1982: quel mondiale che rimarrà impresso per sempre nelle nostre menti e che abbiamo vinto grazie alle tue tre “pere”(scusaci per il termine ma quando ci vuole ci vuole!)al Brasile, alle due alla Polonia e, infine, a quella in finalecon la Germania.Sono passati 38 anni da allora, daquella manifestazione che ti ha giustamente consacrato, che ti ha eletto aeroe nazionale, che ti dato un lasciapassare per l’Olimpo degli sportivi dove tu forse adesso ti trovi. Sì, probabilmente sei lassù tra gli eroi immortali e ora ci stai guardando e sorridi, con quel sorriso di chi ha dato tutto per l’amato pallone,quel palloneche hai iniziato a calciarequando avevi 6anni, che in seguito hai “domato” quando giocavi per il Lanerossi Vicenza e infine hai accarezzato quando, fiero, hai indossato le maglie di Milan eJuventus. Sì signori: Pablito è molto più di un Mondiale vinto. Ricordarlo solo per aver fatto la differenza a Spagna ‘82 (e che differenza) sarebbe un’offesa al calciatore che tra campionati e coppe internazionali qualcosina ha vinto, e noi in questa sede non vogliamo certo offenderlo ma celebrarlo come merita.

Un’icona, un mito, un signore gentile del pallone

Paolo Rossi per noi italiani è stato un’icona, un mito, un signore gentile del pallone che ha scritto una pagina importantissima della storia sportiva del nostro paese. Solo? No, Pablito, se vogliamo dirla tutta, è stato molto più. Ovvero? Un eroe immortale, un calciatore che viveva per segnare, come ricorda quel Brasile che subì la sua tripletta il 5 luglio del 1982, un atleta cattivo sì, ma solo sotto porta, un velocista nato,nonostante il fisico non possente, e soprattutto l’uomo del riscatto. Paolo Rossi, con le sue gesta, non ha solamente riscattato sé stesso, dopo lo stop dovuto al calcio scommesse (il famoso Totonero del 1980), ma un intero paese che negli anni ’80 aveva bisogno della sua leggerezza per tornare a vivere e a sognare. E Pablito per davvero ci ha fatto vivere, rivivere e sognare quel pallone che è diventato nel tempo il principale collante della nostra società che ancora oggi ha voglia di distrazione. Forse non era un sex symbol come alcuni famosi atleti-modelli, ma un simbolo di rinascita sì, di rinascita per il Belpaese che salì sul tetto del mondo nel 1982 come sul tetto del mondo ci salì la Juventus nel 1984-1985 vincendo la Coppa dei Campioni. Lo ripetiamo ancora una volta: Pablito è molto di più di un mondiale vinto perché è un Pallone d’Oro, è un capocannoniere, è un atleta del FIFA 100 (lista sportiva dei più grandi calciatori), una Leggenda del Calcio del Golden Foot, un uomo entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano. No, abbiamo sbagliato tempo verbale: per noi Paolo Rossi,sebbene se ne sia andato in punta di piedi, è e continuerà a essere tra la gente e tra gli sportivi che lo amano.

Un opinionista garbato e competente

Paolo Rossi, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, è rimasto legato alcalcio divenendo un opinionista garbato e competente per la Rai e per Mediaset. Non potendo più scendere in campo e infrangere record su record, come essere stato il primo calciatore ad aver vinto nello stesso anno un Mondiale, un Pallone d’Oro e il titolo di capocannoniere, ha scelto di non staccarsi dal pallone e di commentarlo con intelligenza, senza mai strafare. Già, il suo amato pallone che da oggi ogni volta che rotolerà verserà una lacrima, come abbiamo fatto noi quando abbiamo saputo che te ne sei andato e ora ci guardi dall’Olimpo degli sportivi. 

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